26/10/11

This Must Be The Place

Paolo Sorrentino è l'unico, ad oggi, regista italiano in grado di trasporre la sua immaginazione e i suoi virtuosismi registici anche oltreoceano, creando un'opera straniante e straniata come il suo protagonista, ispirato con forte evidenza a Robert Smith dei The Cure e alle movenze rallentate di Ozzie Osbourne, nonché al gruppo di Siouxie and The Banshees, in cui il primo aveva militato per qualche tempo come chitarrista, riuscendo a creare un nuovo tassello della propria storia d'autore capace di raccontare vicende, che in questo caso seppur non sembri avere spunti di particolare originalità di fondo, riesce comunque ad imprimervi una sua impronta personale che lo distanzia dal panorama nostrano.
Sorrentino si perde consapevolmente e piacevolmente negli spazi americani, meno propensi a costituire quelle gabbie architettoniche e formali che il suo cinema sinora è riuscito a rappresentare ed è questo l'aspetto forse apparentemente meno vincente del suo film, che rieccheggia volutamente e consapevolmente autori che nel grande continente hanno trasposto loro storie e narrazioni, primo tra tutti Wim Wenders, rischiando essi stessi di perdersi e disorientare i loro stessi affezionati spettatori.
Eppure Sorrentino costituisce ad oggi l'unico regista italiano con una poetica definita, con un'idea di cinema ben formata, per quanto alcuni suoi potenziali detrattori possano intravedervi un passo falso, una dimostrazione di una vacuità di fondo che inquadrature formalmente perfette non possono compensare sino alla fine, ma guardando indietro al suo cinema, sinora il regista ha dimostrato di avere qualcosa da dire e di saperlo fare con strumenti in possesso di tutti, ma non adeguatamente utilizzati da altri.
Storia di formazione, di ricerca, di viaggio fisico e a suo modo interiore, inevitabilmente, nonostante ironicamente il protagonista cerchi di smentire questo percorso.
This Must Be The Place potrà forse essere un film che a distanza di tempo inciderà di meno nell'immaginario creato dal regista per scelte che possono apparire più semplicistiche e scontate, proprio per il contesto in cui viene posto in essere, evocando stilemi di un cinema alla Jarmusch, ma che denota come Sorrentino sia in grado di emulare anche quel cinema americano indipendente con una certa maestria.
Non saprei dire se l'America è il posto ideale per il suo cinema, ma sicuramente è un luogo in cui ha saputo o almeno ha tentato di vagare per raccontare una storia secondo il suo modo di sentire e vedere il mondo che lo circonda, in attesa di nuovi viaggi e visioni sempre vive come la musica che accompagna i suoi itinerari visivi e visionari.

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